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Mani in lieve tentennare, che tracciano memoria, percorse dal fumo
delle sigarette, giunte, che sollevano dolcemente; mani piccole, di sostegno,
che guidano;
differenza leggera di mani, mani ad un istante dalla caduta.
Acqua come fiume, foce di anni di vita, estuario; acqua come mare, aria
di mare, rotta, vele, faro, porto, golfo, costa, battigia, onde e onda
notturna;
acqua come mari da esplorare, luoghi lontani;
acqua come luogo di riposo, attesa e stupore;
c’è l’esilio dell’acqua e un oceano che separa.
Voce che legge, voce che racconta, eco: inesausta attesa dell’eco…
Giocato sapientemente sull’ambivalenza e sulla profondità
della parola poetica,
il testo di Marco Fregni si offre come terreno da scavare, humus fertilissimo,
un testo da conquistare e interiorizzare tramite successive letture.
Ad una prima lettura si partecipa all’intensità della ricerca
del dialogo, si culla un dolore emozionato: una lettura lacerante che
strazia il lettore, lentamente ne solca il petto;
e questa ferita, alla fine del libro, non si rimargina.
Ad uno stadio successivo la lettura porta alla scoperta del dialogo, di
un legame
fortissimo, di un passato di cui il figlio rivive il significato, che
trova nuovo significato; e, parallela, c’è una risignificazione
del presente che dissotterra un passato che è ancora fiato, voce,
canto, e lo conduce a vita nuova, rinnovata, diversa.
Un’analisi più puntigliosa ancora coglie, attraverso i ricordi
di tutta una vita, l’altezza e la profondità del rapporto
tra padre e figlio, il legame tra un maestro di vita e il poeta, e si
scopre una vis viridans, la capacità del figlio di ridare vita
al padre nel vigore delle immagini risuscitate, nello spessore di una
presenza costantemente ricercata.
Dialogo vivo: a questo stadio la lettura non si perde più. Analizzare
il testo poetico dal complesso alle singole poesie, ai versi, fino alle
singole parole, non annienta il messaggio ma lo moltiplica ad ogni ulteriore
livello: frammenti di una vita, voci sguardi, mani, foto, racconti, ricordi
ricuciti, infilati come perle, trama tessuta per ridare nuova vita: il
poeta genitore.
Teatrale il dialogo tra il presente, vivo nei ricordi, nei nomi, nei racconti,
nelle distanze, e un aldilà “chiuso a ogni gesto, a ogni
memoria”: “confini di statua” separano i due mondi,
quello delle “intermittenze dei giorni”, e quello della “attesa
senza respiro”, della “perfezione del buio”.
Incessanti e rinvigorite dalle successive letture di queste poesie, incalzanti
si sovrappongono, si intrecciano e i ripetono tutte le domande che attendono
ancora una risposta, inesausto coro al desiderio di un incontro, lotta
per “sottrarre ogni giorno ombra all’ombra”, per riconoscere
quel legame “che il tempo non risolve”.
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