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Ci sono città strane, differenti, in grado di consentire, nell'atto
di attraversare una strada o un ponte in apparenza banali, il passaggio
da una dimensione all'altra, dalla realtà alla memoria, al sogno,
alla riflessione, a quella magia arcana e malinconica costituita dall'intuizione
di qualcosa di profondo, oltre la barriera del contingente, al di là
della superficie. In questo suo lavoro, "I canali di Bruges",
Marco Fregni indaga, mentre attraversa terre ed acque che evocano pensieri
in modo tanto sommesso quanto intenso, su un discrimine che si sposta
in continuazione, imponendo a ciascuno di tracciare carte sempre nuove:
si tratta del confine tra buio e luce, tra ciò che è "notturno",
con tutte le assonanze richiamate sia dal vocabolo che dal concetto, e
ciò che è illuminato, dalla coscienza, dal desiderio, forse
velleitario ma imprenscindibile, di chiarore, di nitidezza. In questo
contesto, solitaria, quasi estranea come una macchia di colore scuro sullo
sfondo sfumato di un quadro, si colloca la figura umana, un punto interrogativo
minuscolo, che, tuttavia, dà vita ad un interrogativo gigantesco,
richiamando a sé l'attenzione, il moto dell'occhio. Perfino in
un ambiente oscuro, tra entità "all'umano indifferenti,/simili
a dura pietra", l'autore riflette su eventi fisici e mentali che
confermano quanto, a dispetto di tutto, le figure umane, nel dolore fisico
del ricordo e del rimpianto, "durino/ a vigilare sul tempo".
Ed è ancora una volta il tempo, l'avversario ed il compagno di
cammino, a fare la differenza, testimoniando una presenza che si muove
nell'oscurità, su canali antichi, sospesi sull'acqua. E resta,
nella tenacia del cammino, l'idea, intimamente umana che "forse/
davvero/ queste sponde/ arriveranno agli occhi/ a segnare/ il paesaggio
interiore". Ma, proprio per questo, riflette Marco Fregni, "come
allora/ non avere paura,/ sapendo /l'incerta cattura/ d'ogni memoria,/
l'esitare della sosta,/ il richiamo/ solitario/ che non lascia traccia/
e destino". Una poesia densa e complessa che ci accompagna, ad occhi
aperti, a guardare l'orizzonte in cui buio e luce si incontrano creando
strie e bagliori di verità.
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