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Nella giornata di venerdì 12 ottobre, alle ore 21, presso la Libreria
cittadina “LA FENICE” si terrà la presentazione del volume
“Dialoghi con il padre” Edizioni del Laboratorio (Modena), raccolta
di liriche scritte dal Dott. Marco Fregni. Questo libro segue a distanza
di circa tre anni il romanzo “Racconti dell’uomo grigio”
Edizioni Progetto Cultura (Roma), prima opera narrativa che, a breve, uscirà
in terza ristampa con traduzione in lingua inglese.
Abbiamo incontrato l’Autore al quale abbiamo rivolto alcune domande
riguardanti questo suo nuovo libro:
Vorremmo chiederle, prima di entrare nello specifico della sua opera, se
ci può fornire alcuni chiarimenti utili ad accompagnarci in questo
tipo di lettura.
Questa raccolta si compone di sessantatre liriche, una mia nota finale ed
una prefazione di Elio Grasso, poeta e critico molto apprezzato in ambito
letterario che, con mia grande soddisfazione, ha accettato di presentare
ed accompagnare questo lavoro.
Il progetto del volume ha preso corpo, con estrema lentezza, dopo la morte
di mio padre, avvenuta nel lontano 1984, ma soltanto negli ultimi anni,
dopo un necessario periodo di elaborazione interiore, si è strutturato
in forma poetica. Questo tragico episodio, intervenuto dopo un periodo di
malattia, ha prodotto in me un ulteriore atto di riflessione, e consapevolezza,
rispetto all’idea della morte.
Attraverso queste liriche si sviluppa il dialogo su “di una presenza
che è stata relazione, con svariati dislivelli, e con tantissimi
livelli di vicinanza e lontananza.” Per dirla con le parole tratte
dalla bella prefazione di Elio Grasso che aggiunge che il senso del libro
è anche “ restituire dimensione ad una ombra, ridare efficacia
al suo passaggio di uomo, quel passaggio che è stato pesante, d’orma
intensa, questo significa. Significa governare dentro e fuori ogni recinto
i propri ricordi e convogliarli in una grande difesa della poesia.”
L’evento descritto della perdita, dunque reale, si è poi coniugato
ad una delle condizioni fondanti e fondamentali che, da sempre, animano
la mia scrittura legata ad una speculazione metafisica che esplora questo
evento ben al di là della mera condizione oggettiva. Una lunga riflessione
nella quale l’idea della morte è intesa, è bene chiarirlo,
come avamposto del nulla, luogo d’assenza in cui non esiste possibilità
o consolazione, dove non resiste il mistero.
Il grande poeta francese Yves Bonnefoy rivela a tale proposito: “L’
idea della morte si è inserita in me definitivamente come un sentimento
d’amore. Non che io ami la morte, io la detesto…Questo pensiero
aderisce così profondamente alla mia mente che non posso occuparmi
di alcuna cosa
senza che questa cosa attraversi l’idea stessa della morte, ed anche
se non mi occupo di nulla e resto in un riposo completo, l’idea della
morte mi accompagna incessantemente, come l’idea di me stesso.”
Una sorta di presenza inalienabile, di ossessione esistenziale e tematica…
Quello della morte, proprio per il mio viscerale attaccamento alla vita
e ad ogni sua forma/espressione, è da sempre, è uno dei temi
che prediligo o per meglio dire, da cui sono, come da un ammaliante canto
di sirene, attratto ”. E’ una sorta di trauma originario, rinnovato
e lacerante, che vivo in una sorta di continua “memoria presente”.
Il percorso letterario è, in questo volume, legato anche ad un discorso
che affida il proprio segno, la propria scrittura, ad una ricerca e ad una
domanda inesauste che instancabilmente cercano la giusta distanza tra gli
esseri e gli oggetti della propria riflessione, del proprio sentire. Ricerca
talvolta disperata o utopica, che quindi assume principalmente una connotazione
poetica, ancor prima che antropologica e filosofica, (tanto meno psicologica),
dove la parola cerca, con tutte le proprie ambivalenze, con domande che
spesso aprono ad altri interrogativi, una risposta altra, come soltanto
la poesia può fornire.
Del resto Carlo Bo, da finissimo critico quale era, ha sempre sostenuto
che non esiste nessun vero autore che non sia tale se non si confronta con
l’idea della morte.
Dunque la parola poetica intesa anche come strumento d’indagine privilegiato?
D’indagine e di conoscenza. Probabilmente nessun altro tipo di esperienza
estetica, nessuna altra parola è in grado di coniugare, portandole
al massimo grado di significazione, le esperienze dell’uomo, tra cui,
appunto, quella dell’origine e quella dello svanire.
Si ravvisa una tensione poetica precisa verso questo tema che apre ad un
dialogo che si mantiene e si sviluppa anche dopo la scomparsa delle persone
che abbiamo amate, che hanno rivestito un ruolo significativo nella nostra
vita.
Certamente. Credo che il dialogo, anche se apparentemente ad una sola voce,
con chi abbiamo frequentato o magari conosciuto soltanto attraverso le opere
che ci ha lasciato, sia fondamentale per la crescita e la qualità
sentimentale ed intellettuale della vita di ognuno di noi. Spesso questi
dialoghi, che paiono ricavare risposte incerte o che, forzatamente, dobbiamo
immaginare o ricostruire sulla base degli elementi, ricordi o sensazioni
che riteniamo importanti, spesso, dicevo, ci permettono una conversazione
più intensa, più autentica con coloro che non sono più
tra noi.
Questa è, a tratti, una conversazione densa, muta, legata a silenzi,
che varia negli anni, e talvolta sfuma e riappare come sfumano e riappaiono
gli occhi ed i volti di chi abbiamo incontrato.
I volti della nostra memoria spesso se ne vanno, dobbiamo recuperarli attraverso
vecchie fotografie, non così per le parole di coloro che ci hanno
aiutato a divenire ciò che siamo e che spesso pronunciamo anche inconsapevolmente,
come nostre.
Un tema che è stato affrontato, nei millenni, attraverso i vari strumenti
umani, attraverso le declinazioni dell’intelletto o della spiritualità
dell’uomo.
E’, indubitabilmente, uno dei temi centrali dell’uomo, forse
l’unico vero tema a cui gli altri sono epifenomenici. Vorrei, però,
allargare il discorso, cercando di uscire da una tematizzazione troppo angusta.
In questo libro, come sopra detto, cerco di cogliere l’esperienza
oggettiva della perdita, della elaborazione del lutto, ma anche, parallelamente
coltivo l’idea che poi ha reso necessaria la scrittura di questo libro
e cioè la continua e lacerante percezione dello svanire del tempo,
del nulla successivo, dell’assenza di ogni possibilità di ritorno.
Ciò, naturalmente indica un profondo amore per ogni forma vita, per
ogni gesto vitale, avvertito come permanenza, condizione unica, straordinaria,
nel senso etimologico del termine, e come tale irripetibile.
Credo che la percezione della morte, quella dell’uomo occidentale
del ventunesimo secolo, dopo la totale caduta dei principali statuti metafisici,
(religiosi, ideologici), non possa ignorare o discostarsi da questo tipo
di realtà che ci determina molto più fortemente di quanto
noi stessi percepiamo.
La parole di questo libro navigano all’interno di un percorso che
spesso si rivela attraverso ambivalenze che fanno perno su opposizioni fondamentali,
e ci obbligano ad entrate che si rivelano uscite e viceversa. Tutto questo
per poter continuare in quella ricerca inesausta e dolorosa, quando non
disperata, della possibilità di un avvicinamento a ciò che
non ha, né potrà, avere mai certa e completa risposta. Queste
liriche si alimentano ed alimentano quella continua oscillazione tra poesia
e morte necessaria al movimento interiore che, soltanto successivamente,
diviene movimento narrativo, scrittura.
A questo tema, così vasto e totalizzante, se ne avvicinano altri.
Vere e proprie vertigini che considero complementari e dialogiche alla ricerca,
e che non permettono al movimento inventivo di assumere forme statiche od
unidirezionali quali ad esempio lo svanire del tempo e della memoria, il
lento affondare nell’acqua e nella pietra ( citando Seferis), la melanconica
ferita legata alla propria dissoluzione, al vuoto successivo, al nulla.
Una domanda d’obbligo, essendo lei un Autore del nostro tempo, riguardo
alle scelte stilistiche che attraversano il suo testo.
Il libro si compone di sette capitoli sviluppati all’interno di progetto
di lungo respiro. E ciò, ritengo, abbia fornito una maggior unitarietà
e compattezza all’opera nel suo insieme. I capitoli sono leggermente
differenziati stilisticamente, nel senso che i primi sono caratterizzati
da un andamento maggiormente descrittivo e denotativo, con un taglio a cui,
narrativamente, sono affidati gli aspetti della malattia, della morte e
degli anni di vita di mio padre. Ci sono poi i capitoli finali, maggiormente
speculativi e dialogici, in cui parlo del nostro percorso comune, della
condivisione del tempo che abbiamo passato insieme e soprattutto, delle
riflessioni sull’idea della morte derivate dalla mia personale cosmogonia.
Ci sono Autori a cui ha fatto riferimento?
Come sempre un libro, sia esso di narrativa o di poesia, risente di molte
influenze che, talvolta, per inconsapevoli e prolungati processi di osmosi
l’Autore assorbe dal contesto che lo circonda. Molti sono i libri,
le parole ascoltate e lette, le situazioni poetiche che ho più o
meno consapevolmente raccolto, interiorizzato, ed utilizzato. Direi che
questa è una condizione comune ad ogni tipo di autore, anche a coloro
che presumono di essere al di fuori della storia. La storia, infatti, insegue
e ben presto raggiunge…
Vuole ringraziare qualcuno in particolare?
Vorrei ricordare Elio Grasso che ha consentito e costruito la prefazione,
il Professor Carlo Alberto Sitta nella doppia veste di lettore ed Editore,
gli amici del Laboratorio di Poesia di Modena, Fabio, Rossella, Barbara
e Silva, che con i loro suggerimenti mi hanno permesso, nei mesi, il confronto
con altri punti di vista e le inevitabili correzioni.
Vorrei anche ricordare il Dott. Valentino Borgatti che, con la sua compagnia
teatrale, allestirà una lettura tratta da questo libro. Anche questa
è un’esperienza che mi incuriosisce, in quanto le trasposizioni
teatrali, cioè il teatro di poesia, non sono esperienze abitualmente
frequentate dai nostri registi.
Infine un sentito ringraziamento a Giuliano Merighi che ha voluto ed organizzato
questa lettura, ai titolari della libreria “La fenice” di Carpi
che ospiterà questa serata letteraria ed al pubblico che, mi auguro,
vorrà intervenire numeroso.
Firma della giornalista
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