![]() INTERVISTA Racconti dell’uomo grigio Martedì 24 Maggio 2005 |
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La sera del 24 maggio 2005 presso la Libreria Fenice di Carpi, alle ore ventuno, si è tenuta la presentazione del libro “Racconti dell’uomo grigio”, scritto da Gian Marco Visconti per le Edizioni Progetto Cultura 2003 di Roma. Sotto tale pseudonimo si cela, nella persona dell’Autore, Marco Fregni. Insieme a lui cercheremo di capire quale sia la natura del volume che si appresta a presentare. Ci può tratteggiare in modo sintetico il contenuto del suo libro? Vorrei innanzitutto chiarire che questo brevissimo “romanzo in forma di racconti” non ha nulla a che vedere con la mia attività professionale. Racchiude, piuttosto, l’espressione della componente più creativa e quindi meno scientifica che c’è in me; oserei direi la parte artistica, se la parola non fosse troppo alta ed impegnativa. Il libro si snoda, dopo una puntuale ed acuta presentazione del prof. Carlo Alberto Sitta, prefazione che mi ha molto onorato, attraverso otto brevi racconti che narrano le avventure dell’uomo grigio, personaggio che rispecchia, a mio modo di vedere, le odierne caratteristiche antropologiche dell’uomo occidentale. Naturalmente non è un punto di vista analitico quello contenuto nelle pagine, ma visionario. Cercherò, pur in estrema sintesi, di specificare meglio: nel libro descrivo la perdita, nel mondo attuale, dei valori sacrali legati al rapporto con la natura ed, inoltre, l’imperante difficoltà a fornire, nella nostra realtà, senso alla vita stessa ed alla storia. Non vorrei, però, spaventare il lettore, per cui aggiungo che ho cercato un modulo narrativo e stilistico leggero, ma non superficiale, che ho individuato nella fiaba. Il libro infatti potrebbe essere definito, in senso lato, come una fiaba per adulti per cui, posso assicurare, si legge con in modo scorrevole, con apparente facilità. Naturalmente si possono “scoprire” diversi ed intersecati livelli di lettura Aggiungo che proprio l’obbiettivo di coniugare una scrittura fluida ed aerea con una poetica forte e complessa ha rappresentato, per me, una discreta difficol`?tà. Quali caratteristiche connotano la sua fiaba? E’ una fiaba grigia, assolutamente non consolatoria. Anzi, frequentemente la fiaba sfiora l’incubo, non indica vie d’uscita. La morale se c’è in queste pagine, non si può riassumere, ma solo frequentare. Il nostro personaggio ad esempio, è e rimane unico protagonista per tutto il romanzo in una sorta di solipsismo che tanto ricorda l’ossessione narcisistica del nostro tempo. Si assiste, obbligatoriamente, ad una assenza di dialoghi, alla impossibilità di una qualsiasi relazione poiché non esistono, volutamente, altri interlocutori oltre al personaggio stesso. Aggiungo, inoltre, che in questo libro, ciò che è più visibile si intravede soprattutto per assenza. La “perdita” e quindi l’assenza, mi pare di capire, sono alcuni dei temi che Lei ha sviluppato nel suo libro. Da tempo, da sempre, mi sono reso conto che la nostra epoca ha esaurito, nella credenza e nell’essenza ogni autentica forma di sacralità. Un potente ed imperante sapere tecnologico- scientifico, in costante espansione, ha messo ai margini, quando non deprivato completamente di vita e di storia, ogni statuto di tipo metafisico. Ciò ha modificato in modo irreversibile il rapporto tra l’uomo e ogni forma di realtà, interna od esterna che sia. E dato che la memoria storica ha le gambe corte ecco che ciò che aveva senso soltanto poche generazioni or sono oggi è completamente dimenticato. Dimenticato nell’essenza, se non nel ricordo. Vuole chiarire meglio? I primi sette racconti narrano di un rapporto tra uomo e natura legato alla curiosità della scoperta, alla certezza che ogni cosa avesse vita e racconti propri, all’impossibilità di spiegare tutto ciò che accadeva intorno a noi, ed alla certezza che dietro ad ogni manifestazione esistesse una realtà supplementare: magica, religiosa o celeste. Comunque una realtà leggibile con un atto di fede basato su una autentica e profonda credenza, qualsiasi essa fosse. Cosa che credo, nell’odierno occidente, sia assai difficile da sostenere e che ritengo irrime`?diabilmente perduta. Ho rappresentato questa realtà nell’ultimo racconto intitolato “la città visibile”, che si chiude su di un viaggio all’interno di una metropoli che non ha più, in sé, alcun punto d’ombra, quindi d’indeterminatezza, poiché governata da leggi tecnico-scientifiche, (il sapere attuale), che non lasciano alcuno spazio al dubbio od al miraggio, al lato nascosto delle cose. Tornando ai sette racconti iniziali aggiungo che si sviluppano all’interno di un viaggio fantastico e fantasmagorico che tocca, ad esempio, elementi naturali quali l’acqua e le sue dispersioni, il tempo con le sue voci ed i labirinti d’aria, ma non trascura gli specchi di cenere… sto utilizzando alcuni titoli dei brani del libro perché, naturalmente, non voglio svelare troppe cose di questo viaggio-racconto. Il grigio che pare dominare tutta la scena del libro che significato riveste? Il grigio, come ben afferma Carlo Sitta è un’aggravante del colore e, soprattutto è il solo non-colore che domina il libro, divenendo, più dell’uomo grigio, la vera “dramatis persona”, l’autentico attore del libro stesso. In questo caso l’ho utilizzato ben al di là della sua consueta attribuzione, e cioè di colore triste ed indeciso, ma come incontro tra i colori più estremi, tra il bianco ed il nero. In questa versione inedita il grigio diviene un tonalità che può, metaforicamente, contenere un numero pressoché infinito di sfumature, quindi di sguardi. Tengo a sottolineare che in tutto il libro, non viene mai nominato un'altra crominanza. L’uomo grigio non è, quindi, soltanto o soprattutto un uomo triste, ma un uomo che grazie a questa capacità d’osservare, di cogliere sfumature, interpreta pienamente il mondo che lo circonda. Ciò, però, non gli impedisce di subire quello che è un destino comune e, a quanto pare, inevitabile. Vorrei aggiungere, tornando ai primi sette racconti che, nonostante le descrizioni fantastiche e mirabolanti, già s’intravede la fragilità delle cose e l’apparire, dietro e tra di loro, della loro “nudità”. Anche la scrit`?tura subisce e contemporaneamente mostra questo annebbiamento della realtà che diventa sfondo, perde i contrasti ed i chiaroscuri, come un fondale dipinto. L’uomo grigio è dunque un personaggio pessimista? E’ un personaggio tragico, in senso letterario, non è però immerso in una condizione di pessimismo o disperazione, ma in sorta di pura constatazione che può divenire rassegnazione ma può essere anche altro. Da qui la forma aperta che ho scelto per il finale. Questa è l’inedita evoluzione che lo contraddistingue rispetto ad altri personaggi novecenteschi, “di crisi”, da cui prende le mosse. La domanda viene di conseguenza. Si è ispirato a qualche altro autore o personaggio letterario? Direi che i richiami sono molteplici. Sitta, che ha scritto la prefazione del libro, sostiene che l’uomo grigio, posta la sua nascita nel decadentismo, è figlio di Gregor Samsa, di Oblomov, di Murphy ed, inevitabilmente, dei rispettivi Autori. Non posso negare che una deriva Beckettiana sia evidente e che il filone letterario, non il genere, sia questo. Tengo a precisare, però, che il nostro Uomo grigio è certamente figlio di questi padri novecenteschi ma, come tutti i figli, è diverso e, naturalmente, propone viaggi, sguardi e soluzioni inedite. Ha impiegato molto tempo per scriverlo? Il tempo effettivo non è stato tanto. Purtroppo, però, le interruzioni a causa dei miei impegni di vita e di lavoro, sono state numerose e di lunga durata. Devo confessare che il primo racconto, nato d’impulso, è rimato nel cassetto per qualche anno. A questo si sono poi susseguite, con tempi molto variabili, le altre storie. Prima della consegna all’editore, a cui va la mia gratitudine per avere compreso l’originalità dell’opera, ho uniformato i testi, in modo che queste differenze temporali non si avvertissero. Aggiungo che il lavoro di rifinitura, compresa la correzione delle bozze, ha richiesto alcuni mesi di assidue letture. Deve ringraziare qualcuno? In primo luogo il dott. Marco Limiti che dirige le Edizioni Progetto Cultura di Roma`?, che dopo avere letto il libro ne ha proposto la pubblicazione. Credo che a suo merito vada il coraggio di avere scommesso su di un testo originale che esce dalle consuete, e spesso stereotipate logiche editoriali dove, più che al valore dell’opera se ne antepone, spesso o soltanto, il mero valore commerciale. Oltre all’editore voglio ringraziare sentitamente, citandoli tutti per nome, il professor Carlo Sitta per l’acuta prefazione, Alessandra, Gianfranco, Marisa, Massimo e Rossella, tutti Autori del Laboratorio di Poesia di Modena, per il preziosissimo aiuto datomi con i loro suggerimenti. |
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